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A “L’Eredità” la costola del drago sconfitto da San Leucio

Domanda sul cimelio custodito nel Duomo di Atessa nel game show di Rai1

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“Non è mai troppo tardi” è stata la trasmissione televisiva dell’indimenticato maestro Alberto Manzi che ha segnato un’epoca della società italiana. Quasi un milione e mezzo di italiani conquistarono la licenza elementare grazie al programma andato in onda dal 1960 al 1968. Viviamo ora un’epoca completamente diversa e quella televisione, pioneristica e dall’immutato fascino, è ormai lontana. La cultura ha ben altri spazi (se ne ha) e le trasmissioni proposte dal “servizio pubblico” sono di ben altra portata. Capita a volte, però, che anche nella televisione generalista di oggi facciano capolino cultura e storie. 

I palinsesti televisivi oggi sono dominati dai “game show”, quiz su diversi canali tra le cui domande può sbucare qualcuna sulla storia e la cultura di angoli diversi del BelPaese. Nei giorni scorsi a “L’Eredità”, il popolare “game show” in onda su Rai1, è comparsa una domanda sul Duomo di Atessa. «Abruzzo, leggendario cimelio da ammirare nel borgo di Atessa» la domanda posta al concorrente. La risposta corretta era «Esposta la costola di un drago». La circostanza non è sfuggita a Gino Bucci che sulla pagina facebook “L’Abruzzese fuori sede” ha raccontato, col suo solito ironico stile, la storia di quella costola e del drago sconfitto da San Leucio.

Anticamente, la nobile città degli squacciafichere, Atessa (CH), era divisa in due nuclei abitativi: Ate da una parte, Tixa dall'altra, con al centro una valle paludosa, invalicabile, spaventosa.

La valle era la dimora di un drago, un essere incazzato che spadroneggiava su una terra in tumulto (la provincia di Chieti).

I cittadini di Ate e di Tixa invocavano da secoli il soccorso di un eroe per sconfiggere il drago, bonificare la palude e riunire la città; finalmente arrivò San Leucio, l'invincibile vescovo di Brindisi forgiato dal fuoco sacro e tutte cose.

Per tre giorni e tre notti San Leucio nutrì il drago di carne; una volta saziatosi e abbottatosi, il bestione s’addormentò.

San Leucio a quel punto agì: dopo averlo incatenato, uccise a schiaffatoni il drago e donò il suo sangue (miracoloso) alla popolazione.

La palude fu bonificata, la città fu riunita e divenne Atessa.

Gli atessani, per ringraziare il Santo - oltre a renderlo ovviamente Patrono della città - innalzarono in suo onore lo splendido Duomo di San Leucio.

Una costola del Drago (intoscibilmente tale) è oggi conservata nel Duomo, appena entrate sulla sinistra.

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