La primavera tarda ad arrivare cantava in una delle sue canzoni più celebri l’immenso Franco Battiato. Dopo un inverno mite quest’anno la primavera tarda ad arrivare e anche nella giornata di ieri abbiamo avuto improvvisi scrosci di pioggia e nubi a coprire l’orizzonte.
Un missionario comboniano, padre Renato Kizito Sesana, scrisse tanti anni fa che ci sono diverse forme di poesie. C’è la poesia alta, quella tradizionale, che abbiamo imparato a conoscere chini sui banchi negli anni della scuola. E ci sono poesie, apparentemente minori, che irrompono nella nostra quotidianità, che arrivano improvvisi quasi come un agguato quanto meno ce l’aspettiamo. “Che possa contemplare il cielo e i fiori” cantava nella stessa canzone Franco Battiato. Tra un improvviso comparire e l’altro della pioggia, mentre i raggi di un tiepido e timido sole lottavano per farsi spazio tra le nubi – regalandoci un tramonto spettacolare che rapisce lo sguardo – alzando gli occhi al cielo si rimaneva in totale estasi e contemplazione. Così in un freddo pomeriggio di una primavera che tarda ad arrivare la poesia, apparentemente minore, è giunta improvvisa davanti ai nostri occhi, in quell’orizzonte sempre apparentemente irraggiungibile ma che – parafrasando Eduardo Galeano – è davanti a noi e ci permette di camminare nella vita.
Molti vastesi ieri sera hanno immortalato l’arcobaleno sul golfo, tante le foto pubblicate sui social. A Punta Penna, mentre ci si rifugiava sotto la bellezza architettonica e artistica del nostro faro – il secondo più importante d’Italia – e della Chiesa di Santa Maria di Pennaluce, di arcobaleni ne sono comparsi due. Uno più forte e deciso e l’altro timido e incerto sull’orizzonte marino. E volgendo lo sguardo su Punta Penna i raggi del sole giocavano e lottavano con le nubi. Creando quelle crepe da cui, come cantava Leonard Cohen, entra la luce.
La primavera tarda ad arrivare. Ma ci regala poesia.