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Ventesimo anniversario della scomparsa dell’avv. Lello Valori

L’Ordine degli Avvocati alla sua memoria dedica l'ultima lezione del semestre in corso della Scuola Forense

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Ci sono persone che si impegnano a tratti, solo in alcuni momenti, altri che donano parte della loro vita, poi ci sono quelli che donano tutta l’esistenza, che hanno stella polare la generosità e il cuore. Sono le persone indispensabili, sono coloro che si caricano il tragitto delle vite altrui e dell’esistenza collettiva. Parafrasando Bertolt Brecht sono gli indispensabili, punti di riferimento imprescindibili. Lasciando sul cammino una scia che brilla, che non passa come una rapida cometa. Esempio, ricordi, memorie personali che diventano collettive. Camminando innanzi, come il lampadiere della poesia, illuminano il cammino di altri che poi proseguiranno.

Nella memoria di chi l’ha conosciuto, nel tanto che ha donato alla collettività, l’avvocato Raffaele Valori – da tutto conosciuto con l’affettuoso diminutivo Lello – è stato uno di questi lampadieri. Avvocato, sindaco per tanti anni di Casalbordino, uomo di cultura, esponente politico, giornalista. Tante sono state le esperienze di Lello Valori, molti i cammini percorsi. A vent’anni dalla scomparsa una Santa Messa sarà celebrata nella Parrocchia SS Salvatore a Casalbordino sabato 25 ottobre alle ore 18.30 e alla sua memoria è dedicata l’ultima lezione del semestre in corso della Scuola Forense di Chieti. Una lezione ospitata a Vasto, per iniziativa dell’avv. Maria Sichetti (Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Vasto). «Accesso alla professione forense oggi. Sapere e saper fare» è il titolo della lezione del modulo intitolato alla memoria dell’avv. Lello Valori e che è ospitata nell’Aula dell’Impegno Solenne del Tribunale di Vasto. 

L’11 agosto 1962, in occasione della consacrazione dell’attuale Basilica a Santa Maria dei Miracoli, la Madonna dei Miracoli patrona della Diocesi di Chieti – Vasto, dedicò un articolo al luogo che definì la “Lourdes d’Italia” su “Il Mattino”. Nel 1995 Lello Valori ha vinto il 1° Premio – sezione di poesia inedita in dialetto abruzzese alla XVII edizione del Premio Nazionale di Narrativa e Poesia “Città di Penne”. Questo il testo della poesia intitolata “A mamme”:

Pare ca st’ a cascà sta bella lune

sopra stu monne, dentr’a sta vallate.

Ma’, mo’ mi vuje fa’ na riparlate

‘nchi ‘tte chi cunte stelle a une a une.

‘Nghi chi ti parle, ma’, si sti luntane?

‘J tinghe nu tilefune a lu core

chi strille si tu sinte nu dolore,

chi strille furte si suspire chiane…

E tu pure li ‘tìie: mi li si dette

ca nin pu’ durmì quand’j ‘nn’rripose:

vide e sinte ‘nchi ‘mme tutte li cose,

piagne e ride ‘nchi ‘mme proprie a bacchette.

E pije ‘ssa curnette mamma sante!

Ca ti vuje parlà come ‘nna vote

Quande furte m’astrignive sti ‘ddu gote

E m’assuchive l’ucchie da lu piante.

Chi bille timpe allore, ‘nn’è lu vere?

Nin mi stancheve maje d’arcuntà.

Ti dice’ tutte (t’arricurde mma’?)

St’anime, stu core e li pinsiere.

Ma mo’ so’ diventate quasi mute:

‘nn ‘ti dice dice niente niente di sta vite,

né di st’anime chi mi s’è scurite,

né di stu pette piene di rifiute.

Eppure ‘ss’ucchie mi sta sempre affianche

pijene di sole e di malincunije.

‘Ssa voce m’arichiame pi la vije..

voce chi cante, preghe e ma’ si stanche.

‘Ssì mane mi dà ‘ncore li carezze

chi doppe ‘tte nisciune ‘cchiù m’ha date.

‘Ssu core chi m’ha sempre pirdunate

cuntinue a palpità di tenerezze.

Dajje ‘mma’, parle su, dimme caccose;

farm’ arsinti’ ‘ssa voce accuscì ‘bbelle…

Proprie mo’? Scì; e ‘nnmezz’a tante stelle;

proprie mo’ chi stu core nin m’arpose.

Nin piagne, ma’, almene pi massere,

pure s’è la gioje chi mi si’ ‘rtruvate…

Mo ha’ da ride furte, a la schiattate;

dapù, magare, dimme ‘nna prighiere.

 

In occasione della storica visita di Giovanni Paolo II nel vastese nel 1983 inviò questa lettera aperta al Pontefice, pubblicata su Il Nuovo con cui collaborava con lo pseudonimo Cogitoergosum.

Santo Padre!

Per la prima volta dopo circa otto secoli il Cristo in terra, l’erede di Pietro viene in mezzo a noi a calpestare la nostra terra, queste colline ubertose e ricche di vita, questo mare stupendamente azzurro, questo cielo miracolosamente pulito, queste pianure lussureggianti di colture e ciminiere.

Oggi l’intero Vastese si stringe intorno alla Tua Santa Persona a testimoniare la fede incrollabile e le preghiere testarde e sottomesse dei nostri padri.

E Tu ammirerai i nostri orizzonti soffusi di luce e di serenità, gli occhi ancora puri delle nostre donne, i sorrisi ancora casti dei nostri bambini, e queste nostre contrade che sembrano quasi felici.

Ma non tutto è così bello, non tutto è così sereno, non tutti sono così felici.

Anche qui il condannato a morte del Calvario non ha smesso mai di morire.

Anche qui continua a morire ogni giorno nelle fabbriche, nelle amministrazioni, nelle prigioni, in ogni dove. Ovunque esistono ancora barriere, frontiere, muri di Berlino, grandi muraglie. Ovunque esistono ancora bianchi e neri, padroni e servitori, sfruttati e sfruttatori, persone che accettano o sono costretti ad accettare tali fossati come se fosse normale che alcuni debbano essere sfruttati e calpestati, come se fosse normale che alcuni siano puniti più severamente di altri, come se fosse normale che alcuni siano schiavi e ritrattati. 

Duemila anni fa discese dal Cielo e visse in mezzo agli uomini il figlio di Dio. Egli voleva abolire la schiavitù, l’odio, i peculati, le sopraffazioni, le prevaricazioni. 

Voleva trasformare la terra in un immenso cantiere dove tutti lavorassero uniti e sereni, in unità di intenti ed in armonie di sentimenti, dai contadini agli architetti, dagli scienziati agli operai, dagli studiosi agli artisti. 

Voleva l’umanità intera nobilitata dal lavoro e dall’ordine, trasformata dalla fede e dalla pace, rifondata dall’amore e dalla giustizia. Ma allora, benchè tutti l’avessero acclamato nella domenica delle Palme, “sui eum non receperunt”, i suoi non lo vollero riconoscere, preferendogli Barabba.

Santo Padre, tu sei il Cristo in terra e vieni oggi in mezzo a noi. E stavolta tutti ti riconoscono e ti acclamano. Tutti i politici (fra cui quelli che ogni tanto si adombrano se prendi la parola in nome della verità e della fede) ti salutano con parole di entusiasmo, ed accorrono vicino a te. 

Tutte le autorità si inchinano riverenti. Tutti i padroni si dichiarano tuoi servi. 

Ma in mezzo alla moltitudine osannante ci sono ancora molti scribi e farisei che oggi si chiamano potenti, maneggioni, furbi approfittatori, schiavisti, che ti riconoscono come un potente, il più potente di tutti, ma non come il Cristo in terra. 

Non sanno essi, stolti, che la tua corona non è d’oro (simbolo del re sulla terra) né d’alloro (simbolo del re degli eserciti) né di fiori (simbolo del re della natura), ma soltanto di spine e, perciò, ti fa il re dei martiri.

Parla, dunque, Santo Padre, al cuore di ognuno di noi, soprattutto a me primo fra i peccatori. Tu che non fai altro che rivalutare l’Uomo, ricordaci che l’Autorità, quella vera, viene solo da Dio; indicaci la via del bene, dì che i nostri politici debbono essere servitori del popolo, che anche il più umile dei cittadini è figlio di Dio, che la democrazia va praticata e non soltanto predicata, che debbono cessare le ingiustizie e gli sfruttamenti, che l’uomo non deve essere più lupo per il suo simile ma che tutti, come le cellule di uno stesso corpo, debbono vivere uniti tra loro in sinergia, sia quelli che seminano i campi, sia quelli che fanno fumare le officine, sia quelli che aggrediscono le scrivanie, sia nell’interno di focolari in cui sudano le mamme e sia nelle viscere della terra in cui brancolano i minatori. 

Che la tua venuta in mezzo a noi sia un risveglio per le coscienze di tutti, un’occasione unica per rimboccarci le maniche e ricominciare daccapo, una sferzata per i reprobi, una ventata d’ottimismo per i negletti e sfortunati.

Che queste nostre contrade, già avvantaggiate perché in esse non ancora arrivano le brutture del mondo, diventino un modello di civitas DEI, dove l’Uomo sia veramente libero, democratico e giusto.

 

 

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