Con questo articolo, che funge da introduzione, se ne vorrebbe iniziare un ciclo nuovo in cui ripubblicare, opportunamente modificati e migliorati, altri articoli, precedentemente comparsi su “Immi” ed aventi un ‘unico tratto in comune tra loro: quello di illustrare, ciascuno, un incontro di Gesù, così come ce lo tramandano i quattro Vangeli canonici, con il genere, il” genio femminile”(una bellissima definizione che si deve a San Giovanni Paolo II), o, come si direbbe nell’Estremo Oriente, con “l’altra metà del cielo”.
Si comincerà, dunque, per ovvie ragioni, con il rapporto tra Gesù e sua madre Maria, attraverso i passi che li riguardano (la proposta dell’Arcangelo Gabriele, le nozze di Cana ecc.), per poi riproporre altri testi, riguardanti altrettante figure femminili, incontrate da Gesù stesso nella Sua predicazione pubblica, e quindi, in ordine sparso, a Maria Maddalena, alla Samaritana, alla Cananea, alla donna del vasetto di profumo, all’adultera ecc.
Intanto si può iniziare a dire, in via generale, come Gesù, umanamente parlando, avesse di fronte due modelli di donne a cui ispirarsi: il primo, dettato dalla pratica e dall’esperienza, l’altro, ispirato dalle convenzioni sociali e dalle leggi in cui si trovava a vivere.
Per quanto riguarda il primo modello, oltre a sua madre Maria, Gesù aveva a disposizione tanti esempi di donne forti e coraggiose, tramandate dalla millenaria storia del popolo ebraico (tanto che “l’ebraicità” veniva trasmessa appunto dalle madri, come dimostra, in chiaroscuro, la pratica nazista di prelevare coloro che nelle coppie miste, avevano la madre ebrea, non il padre).
Tutto ciò, a cominciare dalla matriarca Sara, moglie di Abramo, la quale, prima dell’intervento divino che le diede Isacco, non esitò, pur di dare una discendenza a suo marito a” prestargli” la propria schiava Agar, per ciò che, in fondo, si trattava del primo esempio di “maternità surrogata” (generando così Ismaele, patriarca di gran parte degli Arabi), e poi Rebecca che cercò di favorire il gemello Esaù, più sfortunato fisicamente, nella primogenitura a danno di Giacobbe, nei confronti del padre Isacco, Ester, che, facendo innamorare di sé Serse, re di Persia, favorì il ritorno del suo popolo dall’esilio, e poi Giuditta che uccise il gigante Oloferne, fino a quelle più discutibili di Dalila e di Betsabea che, per vendetta o amore, tentarono il giudice Sansone (tagliandogli i capelli, in cui risedeva la sua forza per consegnarlo ai Filistei) e il re Davide (che, essendosene innamorato, fece uccidere il proprio generale Urìa, suo primo marito, per poterla poi sposare).
A molte di queste figure femminili bibliche sono dedicati altrettanti “polpettoni” cinematografici americani degli anni Cinquanta, con gli attori e le attrici allora più belli e in voga del momento (tra cui ricordiamo Gregory Peck, Susan Hayward, Victor Mature ed Hedy Lamarr), nonché parecchi dipinti di pittori famosi
Per quanto riguarda, invece, il secondo modello, esso viene influenzato dalla credenza, secondo la quale, la donna sarebbe stata la rovina dell’uomo, a causa del peccato originale (mentre si è visto non essere così, perché fu proprio Adamo a non avere troppa fermezza di carattere, nell’episodio della famosa “mela” - cfr. il mio articolo sul peccato originale - ma, si sa… la storia la scrivono i vincitori!), ragion per cui la donna, era considerata, più che altro, quasi come un capo di bestiame, da sfruttare a fini riproduttivi e, quando non più utile a tale scopo, un peso per la società, specialmente quando non era sposata (e quando lo era, era suscettibile di ripudio da parte del marito, per non parlare di quando, eventualmente, rimaneva vedova con figli, o, peggio ancora, tradiva il marito facendosi sorprendere nell’adulterio, fatto che la condannava alla morte per lapidazione), una donna che quindi, non poteva nemmeno rendere testimonianza in tribunale, perché ritenuta inaffidabile e troppo emotiva. Questo modello era talmente radicato nella società, che gli apostoli, a cominciare da San Pietro, non credettero a Maria Maddalena e alle altre donne quando queste riferirono loro di aver visto Gesù Risorto, ritenendoli “vaneggiamenti” e venendo così rimproverati dal Risorto stesso (almeno così racconta l’evangelista Marco in 16,11 e 16 14, nonché Luca in 24, 11).
Di conseguenza, va a finire che le donne più libere ed emancipate sono proprio quelle emarginate dalla società ( con cui però Gesù istaura un dialogo alla pari, nonostante qualche ruggine iniziale, ritenendole, anzi, degne di essere depositarie di importanti valutazioni teologiche): le prostitute o indemoniate, come Maria Maddalena, le ripudiate “riaccompagnate”, come la Sammaritana, o le straniere, come la Cananea (o Libanese), che seppe pubblicamente tenere testa a Gesù, reclamando il diritto di partecipare alla salvezza, anche per i non Ebrei, con la celeberrima battuta sui “cagnolini” che si cibano degli avanzi dei loro padroni.
Il prossimo articolo sarà, dunque, dedicato, a Dio piacendo, (avvertendo sin da ora che ci sono delle differenze tra i quattro Evangelisti sull’identità di alcune figure femminili, a causa, forse, dell’influenza del cattivo modello di cui sopra) al rapporto tra Gesù e sua madre Maria, rapporto, come si vedrà, molto più complesso di quanto s’immagini.
Perpetua