Strage di Capaci, la giornata di oggi resterà per sempre legata a quanto accadde quel maledetto pomeriggio di oltre 30 anni fa. In un devastante attentato la mafia assassinò Giovanni Falcone, la moglie (anch’essa magistrato) Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo. Sopravvissero all’esplosione dell’autobomba che sventrò l’autostrada solo gli agenti della scorta che si trovavano nella terza auto Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.
Oltre sei lustri son passati dalla strage di Capaci. Viva è la memoria e in tutta Italia innumerevoli sono le cerimonie, le commemorazioni, le celebrazioni e i ricordi. Occasioni di forte commozione e gratitudine e d’impegno a proseguire sulla strada tracciata in quegli anni dal pool antimafia in cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano i magistrati più conosciuti.
Le orme di Falcone, il cammino tracciato in quegli anni dal pool antimafia di Palermo, non è stato interrotto dalla strategia stragista di Riina. I suoi frutti, il “metodo Falcone” di indagine studiato e applicato già in quegli anni anche dall’FBI, vive e prosegue nelle grandi intuizioni e strategie che il giudice portò avanti ad ogni livello istituzionale. Il “metodo Falcone”, il suo impegno e le strategie del pool (all’epoca guidata da Antonino Caponnetto) portarono alla creazione della Procura Nazionale antimafia e della Direzione Investigativa Antimafia (DIA). Le mafie mutano, hanno cambiato pelle, “follow the money” (seguire il denaro come indicava proprio Falcone) oggi porta a conoscere, contrastare e combattere mafie che non sono più solo quelle di trent’anni fa. E uno degli strumenti più importanti, degli avamposti di questa lettura e azione sono proprio la Procura nazionale antimafia e la Direzione Investigativa Antimafia. Le pubblicazioni semestrali delle relazioni su attività svolta e risultati conseguiti ne sono importante dimostrazione. Anche sul nostro territorio.
“Il genio di Giovanni Falcone, prima il dovere”, prefazione di Alessandro Siani, è il titolo dell’ultimo libro pubblicato da Catello Maresca, il magistrato che arrestò il boss dei casalesi Michele Zagaria. Lunedì prossimo 26 maggio Maresca sarà ospite a Vasto dell’Unione Giuristi Cattolici. Incontro organizzato in collaborazione con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Vasto, l’Osservatorio regionale della legalità della Regione Abruzzo e il patrocinio del Comune di Vasto. Dopo i saluti istituzionali di Francesco Menna, sindaco di Vasto, Anna Bosco, assessora alla legalità, Nicola Della Gatta, assessore alla cultura, Etelwardo Sigismondi, senatore e membro della Commissione Parlamentare Antimafia, Maria Sichetti, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Vasto, e Francesco Prospero, presidente dell’Osservatorio regionale della legalità, l’incontro sarà introdotto da Raffaella Valori, presidente Unione Giuristi Cattolici di Vasto. Catello Maresca dialogherà con Domenico Seccia, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vasto, moderato da Lorenzo Salerni, giornalista Mediaset. Appuntamento alle ore 15.30 presso l’Aula dell’Impegno Solenne del Tribunale di Vasto. Evento accreditato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Vasto con 3 crediti formativi di cui 1 deontologico. La mattina Maresca incontrerà gli studenti del Polo Liceale Pantini-Pudente.
A Casalbordino il “Parco della Convivialità” ospita da 8 anni un “albero della legalità”. Il 23 maggio 2017 l’assessorato alla pubblica istruzione, la cui delega è affidata a Carla Zinni, e l’Istituto Omnicomprensivo Ridolfi-Zimarino furono i promotori della piantumazione di un “albero della legalità” nel parco della convivialità. «La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. A trent'anni dalla strage di Capaci, dove perse la vita il Giudice Giovanni Falcone insieme alla sua scorta, ricordare è importante, ma è necessario seguire le orme tracciate verso un cammino di libertà, senza più mafia» è la frase di Giovanni Falcone a cui la vicesindaca di Casalbordino Carla Zinni affida il ricordo della strage di Capaci. «Io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me. E so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare dalla sensazione che, o financo, vorrei dire, dalla certezza, che tutto questo può costarci caro. A distanza di 30 anni, il ricordo di Paolo Borsellino è ancora vivo» aggiunge la delegata della giunta guidata dal sindaco Filippo Marinucci ricordando il collega e amico fraterno di Falcone assassinato in Via D’Amelio nel luglio 1992.
Oltre Paolo Borsellino e gli agenti della scorta la strage di Via D’Amelio ebbe una settima vittima, morta qualche giorno dopo per una coincidenza della vita in Viale D’Amelia a Roma: Rita Atria. Giovanissima decise di collaborare con la giustizia e denunciare a Paolo Borsellino tutto quel che sapeva e aveva scoperto in famiglia. Tra Rita Atria e Paolo Borsellino, che la definiva la sua “picciridda”, si era instaurato un rapporto fortissimo: «Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta» le parole della ragazza, diciassettenne, dopo la strage di Via D’Amelio. Rita trovò la morte una settimana dopo la strage di Via D’Amelio, giù dal balcone dell’abitazione in cui si trovava in Viale D’Amelia a Roma. Ufficialmente suicidio. Trent’anni dopo un libro, edito da Marotta&Cafiero e scritto dalle giornaliste Giovanna Cucé e Graziella Proto e dalla vicepresidente dell’Associazione Antimafie Rita Atria Nadia Furnari al termine di un lungo lavoro di ricerca ed inchiesta torna ad interessarsi alla morte di Rita. “Io Sono Rita. Rita Atria, la settima vittima di Via D’Amelio”, è il libro che compare nella foto davanti l’albero della legalità a Casalbordino, pone attenzione alla gestione della sicurezza della giovane nei giorni e nei mesi precedenti e alcune incongruenze in indagini sulla morte che hanno lasciato molti interrogativi insoluti. E che hanno portato alla presentazione di un esposto da parte dell’avvocato Goffredo D’Antona a nome della sorella e dell’associazione, attiva anche nella nostra regione, per chiedere la riapertura delle indagini. «Oggi non riusciamo più a dirlo che si è suicidata, ci viene difficile dirlo» ha dichiarato Furnari il mese scorso dopo l’uscita del libro.