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Caccia al cinghiale nella Riserva di Punta Aderci, Wwf: “Proiettili possono colpire persone”

L’associazione del Panda e il Gruppo Fratino Vasto contestano il Piano di gestione della specie

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Il Piano di gestione e controllo delle popolazioni di cinghiale nelle Riserve naturali regionali Marina di Vasto e Punta Aderci nel mirino delle critiche del mondo ambientalista. La possibilità di cacciare il cinghiale all’interno delle due aree protette è fortemente contestata dal Wwf e dal coordinatore del Gruppo Fratino Vasto Stefano Taglioli

Per il Wwf è "estremamente inopportuno effettuare controlli faunistici con armi da fuoco: le persone che scelgono di passare del tempo nella Riserva lo fanno per immergersi nella natura, non certo per rischiare di essere colpiti da chi spara a chilometri di distanza", riporta l’Ansa. Le carabine più spesso utilizzate per il cinghiale, fa notare il Wwf, "hanno un tiro utile di 900 metri e una gittata che può arrivare anche a 4 km. Da qualsiasi posto si spari, all'interno della Riserva non esiste un punto che non possa essere raggiunto da un proiettile" riporta la nota dell’associazione pubblicata dall’agenzia stampa. 

Avevamo chiesto al Comune di attuare misure preventive per limitare i danni all'agricoltura quali apposizione di recinti elettrificati o di dissuasori visivi e sonori e di procedere con la bonifica dei rifiuti. Constatiamo che ancora una volta si ricorre alla spesso inutile scappatoia dei fucili invece di risolvere il problema in modo più sistematico e definitivo – sottolinea l’associazione nel comunicato riportato dall’Ansa - sono state effettuate solo tre giornate di monitoraggio tutte nella stagione primaverile: in questo modo si ottengono dati insufficienti e fuorvianti per descrivere una popolazione e di conseguenza prevedere scelte gestionali", senza invece fare riferimento "all'ampio corpus di pubblicazioni scientifiche che evidenziano come la caccia e il cosiddetto selecontrollo, intervenendo sulle dinamiche ecologiche e di popolazione della specie, possano portare a risultati opposti alle intenzioni. Nel territorio abruzzese la reiterata scelta, perseguita da decenni, di privilegiare le armi da fuoco quale tecnica di contenimento delle popolazioni di cinghiale non ha portato alcun apprezzabile risultato rispetto alle attese”.

Nonostante oltre 25 anni di inutili tentativi in altre zone d'Abruzzo di risolvere il problema dei cinghiali sparando, salvo qualche sporadico e temporaneo riscontro, il primo colpo di fucile nella Riserva di Punta Aderci (pare la prossima settimana) con potenti carabine di evidente pericolosità per tutti segnerà, con il lugubre rumore di armi sopra i suoni naturali, la fine della Riserva stessa; è giusto puntualizzare che il declino naturalistico era già iniziato da tempo, purtroppo, ma ora sarà segnato senza possibilità di ritorno” dichiara Stefano Taglioli, ecologista, coordinatore GFV Gruppo Fratino Vasto, attivista Stazione Ornitologica Abruzzese e uno dei fondatori della Riserva Naturale di Punta Aderci in Vasto. “In un momento di drammatico declino dei parametri ambientali in tutto il mondo (basti pensare nel mondo alla drammatica sesta estinzione di massa in corso, la prima per cause umane) sconcerta constatare che, nel nostro piccolissimo, a Vasto, una amministrazione comunale di centro sinistra neppure riesce a conservare come si deve le proprie aree protette, neppure risparmiare loro l'oltraggio dei fucili, e a parte il pericolo dispersione dei cinghiali sulle strade ai primi spari – si legge nella nota inviata alla stampa da Taglioli - Per limiti di estensione e per le caratteristiche ambientali nella Riserva di Punta Aderci non vive una popolazione di cinghiali, ma solo dei gruppi che usano Punta Aderci come rifugio diurno da cui uscire di notte per alimentarsi fuori; quindi, a parte etica e utilità e se proprio si vuole giustificare l'uso dei fucili, occorrerebbe farlo fuori dalla Riserva; eliminarne dentro servirà solo come effetto spugna per attirarne altri all' interno, in uno sciagurato ciclo senza soluzione di continuità”.

Al di là di ogni fallace motivazione per sparare in un'area protetta - come similmente le "zero" (!) catture con le inutili gabbie nella Riserva Marina di Vasto dove solo la non conoscenza di quel territorio poteva far pensare a esiti diversi -  le armi nella Riserva Naturale di PA (come pure a Marina di Vasto per la quale vale stesso discorso) segnano di fatto il termine di un percorso che ha portato alla "gloriosa" istituzione della Riserva e alla virtuosa valorizzazione di quel territorio vastese – attacca lo storico ambientalista vastese - Dal primo sparo in poi inizierà una triste storia che nulla ha a che vedere con la precedente che, comunque, nessuno potrà mai cancellare: il che non è poco”. 

 

 

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