La mancanza di una chiara strategia e di un piano industriale europeo, sommato a decisioni aziendali sbagliate e ritardi negli investimenti nell'industria, il rischio di una deindustrializzazione non è più una minaccia ma una realtà in tanti settori. In Italia stiamo assistendo alle difficoltà che stanno affrontando l'automotive e il suo indotto, la siderurgia e l'elettrodomestico. Insieme alle cinque richieste che insieme al sindacato europeo facciamo alla politica dell'Ue chiederemo come FIM un fondo speciale per gli ammortizzatori necessari per impedire i licenziamenti e sostenere gli invitabili situazioni di crisi che già si stanno determinando
Queste le cinque richieste presentate insieme al sindacato europeo:
Investire nella formazione dei lavoratori per garantire una giusta transizione ed evitare licenziamenti;
Prevedere una politica industriale con forti investimenti pubblici per una crescita inclusiva a condizionalità sociali integrate in tutti gli investimenti pubblici;
Investire in reti e infrastrutture moderne per un'energia stabile, conveniente, affidabile e a basse emissioni di carbonio;
Rafforzare la contrattazione collettiva e la partecipazione dei lavoratori al processo decisionale;
Garantire pratiche di acquisto eque e la due diligence sui diritti umani lungo le catene di fornitura.
L'Ue deve intervenire subito. A rischio non c'è solo l'economia e la sorte di migliaia di lavoratori ma la tenuta sociale dell'intera Europa e con essa il progetto di pace e democrazia. I singoli Stati da soli ,in questo nuovo scenario globale non hanno nessuna chance, solo uniti e insieme potremmo ridare slancio al progetto Europeo, ma per farlo dobbiamo lavorare ad una politica industriale che restituisca lavoro e fiducia alle persone nel futuro.