Alcune previsioni meteo facevano temere tempesta e buio. Ed effettivamente verso la fine della mattinata il cielo sembrava volersi rabbuiare e il tempo mutare rapidamente. Così invece non è stato e, ad inizio pomeriggio, il sole è tornato a splendere e scaldare con i suoi torridi raggi. Può sembrare solo un’annotazione di “colore” ma può esser considerato auspicio e simbolo del pomeriggio in arrivo. A Tufillo, grazie alla dinamica amministrazione guidata dal sindaco Ernano Marcovecchio, si è tenuto sabato 25 giugno un vivace e stimolante incontro in occasione del trentennale delle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Moderati dal sindaco prof. Marcovecchio relatori il maggiore dei carabinieri della compagnia di Vasto Amedeo Consales e il direttore di WordNews.it e giornalista d’inchiesta Paolo De Chiara.
All’inizio dell’incontro un dato ha colpito immediatamente: tantissime le persone accorse, tutte ad ascoltare con profonda attenzione. Si parla spesso di legalità, giustizia, anche di lotta alle mafie e alla criminalità organizzata. Le grandi reti televisive ogni tanto trasmettono anche interessanti fiction su chi è morto adempiendo il proprio dovere di giornalista, magistrato, cittadino, esponente delle istituzioni e delle forze dell’ordine. Uno di questi era Roberto Mancini, tra i primissimi in Campania ad indagare sulla “terra dei fuochi”. Indagini che gli costarono la vita: i veleni delle discariche minarono la sua salute e si ammalò di linfoma non hodgkin. Nel 2016 la vedova Monika, Luca Ferrari e Nello Trocchia raccontarono la sua storia nel libro “Io morto per dovere” che fu portato in prima serata su Rai1 nella fiction interpretata da Beppe Fiorello. L’anno dopo il libro fu presentato da Nello Trocchia a Vasto, una città che ha oltre 111 volte gli abitanti di Tufillo. Ma quella sera, nonostante il traino televisivo e l’ampia pubblicità, c’erano meno di un quarto dei partecipanti all’incontro di sabato scorso a Tufillo. Spesso, troppo spesso, sentiamo parlare dei comuni dell’Abruzzo interno come territori spopolati, sempre meno vivi. Con sguardo anche di commiserazione o di (supposta e non esistente ovviamente) superiorità. L’amministrazione Marcovecchio, la partecipazione viva ed attiva di sabato, il confronto con altre iniziative dove veramente hanno vinto “spopolamento” e conformismo, rappresentano e riportano alla realtà. I complimenti a chi ha organizzato e alla risposta della comunità di Tufillo sono doverosi e si esprimono con piacere e ammirazione.
Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina spesso son definiti eroi, così chiamati in cerimonie e commemorazioni che li issano sopra tutti noi come fossero miti irraggiungibili. È stata la prima riflessione comune negli interventi del maggiore Consales, del prof. Marcovecchio e del dott. De Chiara. Ma è sbagliato perché trasforma, in un solo apparentemente paradosso, l’omaggio nel voltare loro le spalle. Rende vano il sacrificio perché crea la convinzione che nulla si può fare, che tutto è perso e ha vinto chi li ha assassinati.
Non dobbiamo chiamarli eroi ma riconoscere il loro impegno e ognuno di noi, ovunque ci troviamo, lasciarci stimolare e guidare, seguire l’esempio ed essere sentinelle di legalità democratica, giustizia, fare la nostra parte. Le bellezze e le ricchezze di un territorio come il nostro vanno difese e tutelate, un impegno che può e deve coinvolgere ognuno di noi, tutti noi in quanto cittadini. È stato uno dei fili conduttori, forse il principale, dell’incontro dal titolo “Cosa Nostra a casa nostra?”. Moderati dal sindaco di Tufillo Ernano Marcovecchio, che ha stimolato la discussione con interventi puntuali e ben precisi, il maggiore dei carabinieri della Compagnia di Vasto Amedeo Consales e il nostro direttore Paolo De Chiara hanno cercato di rispondere alla domanda, una risposta lineare e apparentemente scontata ma che tale non è. E, soprattutto, spalanca le porte a riflessioni, prese di coscienza e impegni civili e sociali infiniti. Consales ha condiviso analisi sociali e giuridiche su quanto accade a livello nazionale e sulla realtà del vastese, un territorio che certo non vive la situazione di altri territori ma non vi è molto distante. Grande attenzione durante l’intervento del maggiore Consales ad avvenimenti degli ultimi anni, dalle maxi risse a Vasto Marina due anni fa che crearono un forte allarme sociale all’inchiesta che coinvolse alcuni minorenni nel 2018 per la diffusione (e l’accusa di ricatti alle vittime) di foto e video di ragazze «sessualmente espliciti», al codice rosso e a quell’impegno quotidiano delle forze dell’ordine che richiede l’attiva presenza dei cittadini.
Paolo De Chiara, direttore di WordNews.it, ha ricordato alcune delle stragi dalla verità negata in questo Paese e sui depistaggi successivi. Stragi che hanno portato alla morte di altre persone, che hanno vittime successive. Rita Atria fu la settima vittima della strage di Via D’Amelio. È stata ufficialmente dichiarata suicida subito dopo la sua morte ma tanti sono gli interrogativi e i dubbi sugli ultimi mesi e sulle sue ultime ore. Interrogativi e dubbi che stanno emergendo in queste settimane grazie al lavoro d’inchiesta della giornalista del tg1 Giovanna Cucé, della fondatrice e vice presidente dell’Associazione Antimafie Rita Atria Nadia Furnari e della direttrice di Le Siciliane e storica collaboratrice di Pippo Fava a I Siciliani Graziella Proto. Un libro che ha portato in queste settimane alla pubblicazione del libro o ancor di più «Io Sono Rita. Rita Atria, la settima vittima di Via D’Amelio», edito da Marotta&Cafiero.
Luigi Ilardo, ha ricordato De Chiara, fu assassinato mentre stava collaborando con Michele Riccio, ufficiale dei carabinieri, per arrestare Bernando Provenzano. Fu assassinato per questo e Provenzano verrà arrestato solo lustri dopo. La figlia Luana l’anno scorso ha pubblicato il libro “Luigi Ilardo – omicidio di Stato”, in cui ha ripercorso la storia del padre e questi tanti anni di lotta per verità e giustizia, e a dicembre scorso ha portato la sua testimonianza a Vasto in un incontro con studentesse e studenti del Liceo Scientifico. “La storia di mio padre è la storia di un uomo – disse alle ragazze e ai ragazzi presenti – che voleva aiutare lo Stato a distruggere certe figure e certi ambienti”.
Oltre le grandi vicende nazionali De Chiara ha testimoniato alcune vicende locali, d’Abruzzo e Molise, tutt’altro che edificanti per la legalità democratica e il bene pubblico. Raccontati e denunciati su WordNews.it e nei suoi libri dedicati a Lea Garofalo, ai testimoni di giustizia e “I veleni del Molise. Venti anni di omertà”, di cui ha letto ampi stralci. Esistono le grandi stragi e i grandi avvenimenti nazionali, la sintesi della riflessione di De Chiara, ed esistono piccole e grandi realtà di complicità, connivenze e omertà a noi più vicine.
L’Abruzzo non è, come sottolinea nelle sue relazioni semestrali la Direzione Investigativa Antimafia, terra di consolidate e tradizionali presenze della criminalità organizzata. Ma infiltrazioni e penetrazioni esistono, provenienti soprattutto da Campania e Foggia (il maggiore Consales ha ricordato le operazioni delle forze dell’ordine tra Vasto e San Salvo). Ed esistono persone che si sono imbattute e si imbattono in questi mondi criminali. Una di queste, Lilian Solomon, perse la vita poco più di dieci anni fa, il decimo anniversario è stato nell’ottobre scorso. Lilian a 23 anni fu costretta a prostituirsi, prima in Lombardia e poi sulla bonifica del tronto, e ad abortire ingerendo medicinali ed alcolici. Quando gli operatori di On the road la incontrano per la prima volta Lilian soffriva da tempo di fortissimi dolori. Erano i sintomi dell’avanzata di un linfoma. Ricoverata nel reparto di Oncologia dell’Ospedale di Pescara è morta il 1° ottobre 2011. Le sue denunce portarono a due delle prime operazioni contro le mafie nigeriane tra Abruzzo, Marche, Puglia ed Emilia Romagna.