L’Asenelle d’ore.it – La Radura - Perpetua: IL “BUON LADRONE”: San Caleb da Gerusalemme

redazione
26/04/2024
Cultura
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Per il periodo pasquale, vorrei ripubblicare, con qualche aggiunta e correzione, un mio vecchio articolo comparso su “Immi” e riguardante la figura del “Buon ladrone”, senza nome nei Vangeli, ma oggi talmente riabilitato da farlo quasi innalzare alla gloria degli altari, come primo santo della storia, al di fuori del gruppo dei discepoli di Gesù. N.d.A. 

Nella cupa cappa di violenza e bugiardo scetticismo che avvolge la Crocifissione, l’episodio del “buon ladrone” apre uno squarcio di pietà e verità. La vicenda ci è tramandata dallo scrupoloso Luca, medico di cultura greca, che, tra il 70 e l’80 d.C., sulla base delle sue accurate ricerche svolte con metodo storico, scrive nel capitolo 23, versetti 33-43:

«Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù diceva: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno". [...] Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!". Ma l'altro lo rimproverava: "Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male". E aggiunse: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". Gli rispose: "In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso".»

Il “buon ladrone”, dunque, si salva perché ha il coraggio di proclamare la verità su se stesso e su ciò che gli accade intorno (il proprio fallimento di vita, quello del suo compagno di sventura e l’innocenza di Gesù) e di appellarsi all’unica Persona capace di valorizzare per l’eternità questo estremo gesto di onestà e consapevolezza, ossia Gesù stesso.

Ma chissà qual è stata la storia precedente di quest’uomo, che si è così meritato una citazione nel libro più letto del mondo? Il cinema, nel suo continuo sforzo di tradurre in immagini l’invisibile, ha provato a raccontarcela nel film Il ladrone, del 1980, di Pasquale Festa Campanile, tratto dal libro dello stesso regista, in cui Enrico Montesano interpretava Caleb, una simpatica canaglia che al tempo di Gesù si guadagnava da vivere, vagabondando di villaggio in villaggio, con piccoli furti e truffe, mascherate da magie. Anzi, Caleb si sente proprio un mago e non può che guardare con ammirazione ed invidia a quel “Collega” che gli ha rovinato la piazza con i suoi miracoli, diventando così celebre. Decide allora di seguirlo, per cercare di capirne e carpirne i “trucchi” ed utilizzarli in prima persona, ma finisce col provarli maldestramente, senza citarne la Fonte (come fece, invece, l’altro “collega”, autorizzato direttamente da Gesù in Marco, 9,39: «[...] Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me»). Chi, invece, non si lascia ingannare, come gl’ingenui abitanti dei villaggi, si vendica, facendogli pagare con la crocifissione anche oltre le proprie colpe.

In fondo, quando ci accade questo nella vita o quando ci riconosciamo consapevoli dei nostri limiti, o ci battiamo, nonostante ciò, contro le ingiustizie e ci rivolgiamo all’unica Persona in grado di valorizzare i nostri tentativi di miglioramento spirituale e materiale in questa e nell’altra vita, tutti noi ci riconosciamo nel “buon ladrone”.

Ah, dimenticavo: ecco che cosa scrivono in proposito gli altri Evangelisti. Marco, che compone per primo il suo Vangelo, annota nel capitolo 15, versetti 27-32: 

 

 «Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra.

I passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: "Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!". Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: "Ha salvato altri, non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo". E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.»

 

Matteo, il cui Vangelo è contemporaneo di quello di Luca, scrive in 27, 38-44:

 

«Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo: "Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!". Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano: "Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo. Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!". Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.»

 

Intorno all’anno 100, infine, Giovanni, eppure testimone oculare della Crocifissione con Maria, a sua volta, a quanto pare, una delle principali fonti testimoniali di Luca, ricorda solamente e semplicemente, nel capitolo 19, versetti 17-18, che:

 

«Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù nel mezzo.»

 

In pratica, Marco e Matteo negano la bontà del ladrone, mentre Giovanni non si pronuncia né in un senso né nell’altro, limitandosi a confermare solo la presenza dei due ladroni.

  In ogni caso, a me questa pagina di Luca piace moltissimo perché dona speranza ed è questo, forse, ciò che più importa, poiché, al di là dei problemi posti dai limiti umani delle Scritture, di cui pure bisogna essere coscienti, occorre coglierne lo Spirito che dà loro vita e che in questo caso è dato dalla fiducia incondizionata da avere nella misericordia di Dio, che è infinitamente più grande dei nostri peccati e delle nostre debolezze.

 

                                                                                                                                       

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  Come si giustificano le differenze così grandi tra gli stessi Vangeli cosiddetti “sinottici”, nonché con quello di Giovanni che si limita a certificare la presenza dei due ladroni?

  Si giustificano considerando la diversità dei testimoni a disposizione dei tre evangelisti Marco, Matteo e Luca e la loro diversa posizione e distanza rispetto alla croce dei condannati, nonché, per quanto riguarda Giovanni, con il fatto che l’autore di detto Vangelo non coincide col più giovane tra gli Apostoli, che invece era con Maria, madre di Gesù, sotto la Croce.

  I testimoni di Marco sono l’Evangelista stesso, che si rappresenta come il giovane avvolto solo di un lenzuolo (un simbolo che secondo la cultura greca indica i discepoli di un qualsiasi filosofo) che scappa a gambe levate durante l’arresto di Gesù sul Monte degli Ulivi e Pietro, di cui Marco raccolse la testimonianza, divettandone segretario ed ospitandolo nella propria casa di Alessandria d’ Egitto.

  Sia Marco che Pietro, però, una volta accorsi sul Golgota, dove avviene la Crocifissione, devono fermarsi ad una certa distanza dai condannati, bloccati come sono dalla folla che già si era assiepata, fatta di passanti, autorità religiose, donne che esprimevano tutto il loro dolore con pianti ed alte grida, il tutto tenuto a stento a bada dai soldati romani e da quelli a disposizione del Sinedrio, che non certo andavano per il sottile quanto ad urla e schiamazzi, in latino popolare ed in aramaico.  Tutto ciò, comunque, impediva ai testimoni di sentire quello che i condannati dicevano, o si dicevano tra loro, anche perché i condannati stessi erano ad una certa altezza da terra, con gli effetti della crocifissione, ossia prima di tutto il collasso dei polmoni, che manifestava sempre più le sue conseguenze negative, impedendo loro di parlare ad alta voce.

  Anche per Matteo vale più o meno la stessa cosa, con la circostanza in più che la scrittura di questo Vangelo avviene una trentina di anni dopo, con la memoria che modifica in qualche modo gli eventi raccontati. Matteo, da bravo “giornalista”, nonché, secondo la tradizione, esattore delle tasse, abituato quindi ai contatti con le autorità, sia romane che ebraiche del tempo, ci riferisce ciò che da queste ultime, nonché dalla comunità di Gerusalemme in generale, viene narrato sull’evento della Crocifissione di Gesù. È chiaro, quindi, che di ciò che i condannati si fossero eventualmente detti tra loro, non vi è alcuna traccia, ma ci si limita solo a riferire il fatto secondo cui anche i due ladroni insultassero Gesù, intendendo ciò, quindi, come un esempio indicativo dell’atteggiamento di tutto un popolo.

  Luca, invece, si basa per questo particolare episodio, sulla testimonianza di Maria, madre di Gesù, che è restata per tutte le tre ore intercorse tra la crocifissione e la morte del Figlio, sotto la Croce, ed è stata, quindi, in grado di sentire ciò che i condannati si dicevano tra loro, soprattutto nella prima ora, ossia quando il collasso dei polmoni non era ancora così grave da comprometterne la facoltà di parlare e il vociare della folla così alto da non far capire ciò che il “buon ladrone” e Gesù si dicevano, anche considerando l’altezza delle croci da terra. Quanto detto, convalida maggiormente, dunque, ciò che viene raccontato, dandogli maggior valore agli occhi di noi contemporanei che vorremmo sempre la verità da ciò che leggiamo o scriviamo.

  Ora, quand’anche ciò che ha affermato il “buon ladrone”, lo abbia detto per farsi beffe di Gesù, come si lascia intendere nel Vangelo di Matteo, dai suoi potenti testimoni, il Salvatore sarà stato sicuramente in grado di vedere che nel cuore di quell’uomo la vita eterna promessa da Gesù gli donava la speranza di riscattare quell’esistenza dimostratasi “sbagliata”, facendo quindi, come affermato tempo fa da Papa Francesco, di Caleb di Gerusalemme (così mi piace chiamarlo, come nel nostro film di riferimento) il primo Santo della storia al di fuori della cerchia dei discepoli di Gesù, ovvero, appunto, San Caleb da Gerusalemme.

 

 

Perpetua

 

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