«Siamo sempre scettici sulla costruzione di nuove carceri, come soluzione al sovraffollamento»

Voci Di Dentro: «Carceri e suicidi. E lo Stato sta a guardare»

Alessio Di Florio
15/08/2023
Attualità
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Nei giorni scorsi gli agenti in servizio presso la Casa Lavoro di Vasto hanno fermato un tentativo di suicidio. La cronaca di questa prima metà di agosto ha riportato anche la notizia di diversi suicidi nelle carceri italiane, nell’istituto di Torino sono stati addirittura due in poche ore. Il ministro della Giustizia Nordio si è recato nel capoluogo piemontese ed ha affermato che per ridurre il sovraffollamento, una delle cause delle condizioni di invivibilità, si potrebbe puntare all’utilizzo di caserme dismesse per alcune categorie di detenuti, coloro che sono considerati non socialmente pericolosi o comunque a bassa pericolosità sociale. 

Sul tema è intervenuta Antonella La Morgia, vicedirettrice di Voci di Dentro e componente del direttivo dell’associazione abruzzese che lavora in diversi penitenziari abruzzesi.  La Morgia in un articolato intervento ha ricordato gli ultimi suicidi e Liborio Davide Zerba e Victor Pereshchako, «deceduti dopo settimane di sciopero della fame e la notizia è stata data solo dopo quindici giorni dal loro decesso» e «nessuna informativa ai garanti», esattamente come successo in queste settimane nel carcere torinese. «In carcere lo sciopero della fame è l’unica forma di protesta non violenta che ti rimane, quando senti che proprio quello Stato che ti ha giudicato e punito, secondo Costituzione, non c’è. O non ce la fa ad esserci. Ad ascoltarti. Ad aiutarti – testimonia l’attivista abruzzese - e invece dovrebbe accompagnarti in un percorso di consapevolezza e rieducazione, essere questo il senso della pena non contraria al senso di umanità, sempre secondo la Costituzione. Invece nel carcere trovi il deserto della tua solitudine, del tempo vuoto e fine a se stesso nella ripetizione dell’esistenza che si ferma come gli orologi che hanno le lancette immobili, fino a quando la libertà, scontata la pena, solo in pochi casi restituirà al mondo di fuori una persona che ha compreso il disvalore del fatto per cui è stata condannata. Nel 75 percento dei casi quella persona commetterà ancora reati e tornerà in carcere, sancendo così il fallimento dell’istituzione detentiva e dei suoi fini». 

«Il carcere della speranza, che la speranza non uccide e riabilita nella volontà di vivere l’oggi per il domani, era già prefigurato nella Riforma dell’Ordinamento Penitenziario della vecchia Legge 354/1975, con al centro la persona reclusa e i suoi diritti (alla famiglia e agli affetti, alle relazioni sociali, al lavoro, alla salute, alla cultura e istruzione, all’attività fisica) – ricorda La Morgia - a quel che andava migliorato dopo i molti anni trascorsi da questa riforma ci hanno pensato giuristi, tecnici, le circolari, gli Stati Generali dell’Esecuzione penale, le Relazioni del Garante Nazionale e la Commissione presieduta dal prof. Ruotolo che ha lavorato a dare indicazioni sulle criticità esistenti sotto la Ministra Cartabia. Appena un’era fa, prima di Nordio».

«Siamo sempre scettici sulla costruzione di nuove carceri, come soluzione al sovraffollamento. È una misura strutturale che dovrebbe affiancarsi ad altre di natura tecnico-giuridica o di organico amministrativo: ampliamento delle figure, enti sociali, operatori per l’attuazione delle misure alternative, modifiche alle previsioni edittali di alcune fattispecie penali, formazione, aumento di psicologi, mediatori linguistici, funzionari giuridico-pedagogici, insegnanti e medici nelle carceri, potenziamento e diverso riconoscimento del ruolo del volontariato e terzo settore nelle attività trattamentali – scrive la vicedirettrice della rivista Voci Di Dentro - all’indomani dei vergognosi fatti di Santa Maria Capua Vetere, Mario Draghi, in visita come Nordio al carcere teatro dei pestaggi ai detenuti della sezione Nilo da parte di agenti (alcuni oggi sono indagati per reato di tortura), aveva dato per certa la realizzazione di otto nuovi padiglioni grazie ai fondi del PNRR. Vedremo se questi fondi saranno utilizzati e quanto costerà (ammesso che serva) riaprire le caserme. Sì, lo chiederemo a Giorgetti, come ha detto Nordio». 

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