L’attenuarsi prima, e la conclusione poi, dell’emergenza pandemica hanno permesso a tutti di poter tornare ad incontrarsi e viaggiare. Speranze di boccate d’ossigeno e ripartenze, la parola più gettonata delle ultime estati, anche per il settore turistico.
L’anno scorso, quando ormai il covid è apparso sempre meno diffuso e pericoloso, il turismo ha vissuto momenti di forte impennata e rinascita. Anche se la nuova guerra tra Russia e Ucraina e il rialzo vertiginoso dei prezzi delle materie prima e dell’energia sono apparse come forti nubi all’orizzonte.
Nubi che in quest’estate, la prima dopo la dichiarazione di fine pandemia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e la seconda con l’incubo della guerra al confine orientale d’Europa, sono tornate e incombono sugli spostamenti turistici. E stanno penalizzando l’industria turistica italiana. Se si stanno consolidando mete vecchie e nuove all’estero nel Belpaese il turismo sta vivendo una forte frenata. Secondo Il Sole24 ore il calo è stimabile tra il 20% e il 30%. La motivazione più forte è il caro prezzi con costi aumentati per chi rimane in Italia. O vi arriva dall’estero.
«Il 2023 sta mettendo alla prova l’intero settore turistico italiano – il commento di Federturismo riportato dal quotidiano di Confindustria - dobbiamo fare fronte a una serie di sfide, tra cui il cambiamento climatico e l’inflazione, che stanno cambiando il volto del turismo. Nonostante tutto, siamo fiduciosi nella nostra capacità di adattamento e resilienza». Secondo le stime di alcune associazioni dei consumatori un italiano su dieci quest’anno sta rinunciando alle vacanze per colpa del caro prezzi. Aumenti, secondo Demoskopica, in media del 9%. Più di altri Stati europei.