L’amianto per decenni è stato tra i materiali più utilizzati nelle costruzioni. Nonostante i primi studi scientifici sulla sua pericolosità per la salute umana sono degli anni trenta del novecento solo sessant’anni dopo fu messo al bando. In Italia il suo utilizzo, in attuazione anche di specifiche direttive europee, fu proibito con la legge 257 del 1992.
Trent’anni dopo la messa al bando la bonifica totale in Italia non è ancora avvenuta e su edifici pubblici e privati è ancora presente. Situazione non molto diversa in altri Stati. Specifiche indagini commissionate dall’Unione Europea hanno rilevato che il 78% dei 120.000 tumori contratti da operai e manovali è correlabile all’esposizione all’amianto. Il dato è stato riportato oggi da Avvenire. Su «42 Siti di interesse nazionale individuati dal ministero dell’Ambiente come luoghi inquinati e dannosi per la salute, 11 sono prevalentemente contaminati da amianto, come la Fibronit di Broni e di Bari o l’Eternit di Casale Monferrato» sottolinea il quotidiano e dati dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) riportano che « sul territorio nazionale ci sono 2.400 scuole, 500mila chilometri di tubature, 1.500 biblioteche ed edifici culturali, ed almeno 500 ospedali contaminati». Una situazione che ad Avvenire l’avvocato Ezio Bonanni, presidente di ONA, definisce inaccettabile.
La Commissione Europea ha aggiornato di recente le direttive europee in materia. Due i punti cardini: l’abbassamento delle soglie consentite di esposizione e i dispositivi di protezione individuale obbligatorie sui luoghi di lavoro.